INTERVENTO di GAETANO ARMAO Vicepresidente ed Assessore all’economia della Regione siciliana
-“Ex alunno dell’Istituto ‘Gonzaga’ e dell’Istituto ‘Pedro Arrupe’ di Palermo. Quel che vorrei ricordare dell’insegnamento di Padre Pintacuda, della cifra del suo impegno di uomo di cultura e di fede, é la costante attenzione alla formazione ed alla crescita spirituale e professionale, ma anche il rigore verso le derive delle istituzioni. Soprattutto in un tempo nel quale va affermato che il crescente divario nel Paese – recentemente sottolineato nei rapporti della SVIMEZ e della Banca d’Italia -, va affrontato con politiche pubbliche incisive che attivino un impiego massiccio di risorse pubbliche, cominciando dalla revisione delle politiche U.E. sull’austerità e da un aumento della capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche. E qui torna l’attualità dell’impegno di Pintacuda in un dibattito che per troppo tempo ha posto ai margini la questione delle amministrazioni del Sud. Ovvero, che per progettare e realizzare politiche pubbliche all’altezza della pesante crisi in atto è assolutamente necessario che le amministrazioni pubbliche siano dotate delle professionalità necessarie. Lui che oltre che studioso e docente, era anche dipendente pubblico. 2È necessaria una scelta strategica, una decisione istituzionale di fondo per mettere in campo politiche pubbliche che sappiano investire sulle capacità, sui talenti sulle energie. La preminenza delle decisioni finanziarie ha fatto sin troppi danni cui occorre riparare proprio seguendo quell’insegnamento che individuava in un’amministrazione competente ed innovativa la leva per garantire sviluppo e progresso attraverso il buon funzionamento istituzionale. Senza questo approccio, come ricordato per troppo tempo sacrificato con effetti depressivi dell’efficienza dell’amministrazione e delle strutture burocratiche, anche risorse ingenti – e comunque il Sud e la Sicilia ne hanno ricevuto meno del dovuto come addirittura contestato all’Italia dalla Commissione UE – non possono essere impiegate in modo efficiente e tempestivo. L’impegno nella formazione amministrativa e politica di Padre Pintacuda dal Gonzaga, all’Istituto di scienze amministrative, diretto da padre Giuseppe Noto, al Centro “Studi sociali”, che poi ospiterà l’Istituto di formazione politica “Pedro Arrupe”, diretto da padre a Bartolomeo a Sorge, alla Libera Università della Politica sino al CERISDI offre la cifra della Sua personalità, consentendo di tracciare una traiettoria che è ancora oggi di riferimento per una Sicilia che cerca il proprio riscatto, liberandosi da malaffare, inefficienze ed abusi della politica clientelare.”
Relazione al Convegno commemorativo, Memorial Pintacuda, tenutosi all’Assemblea Regionale Siciliana, Sala 1 Mattarella, Palermo, Venerdì 15 Novembre 2019. In tal senso si ricordino i sui scritti in materia pubblicati dalla Rivista Aggiornamenti sociali: Pubblica 2 Amministrazione: tentativi di riforma: 2/1967, 101 e ss., Efficienza e retribuzioni nella Pubblica Amministrazione, 6/1967; 455 e ss.; Efficienza e controllo nella Pubblica Amministrazione, 11/1967; 601 e ss. ma anche più recenti interventi come quello tenuto alla 1a Giornata della Formazione Manageriale ASFOR a Milano, l’11 Dicembre 2002, nel quale osservò “credo che noi dobbiamo tornare, più che alla formazione di management a quella, più complessiva e strategica, di classe diri-gente; la formazione di una classe dirigente che comporta una varia segmentazione nel sistema che è quello sociale, economico e politico”, https://www.asfor.it/aree-attivita/pubblicazioni-asfor/lettera-asfor/download-lettera-asfor/ 106-rassegna-stampa-2013/download/1035_543600acf8f493e27a784809864d271b, 26. 1
In questo senso appare emblematica la dura critica che Pintacuda rivolse alla pratica, diffusa quanto deteriore, del voto segreto all’Assemblea regionale siciliana, che stigmatizzò sempre come fenomeno di “malcostume” e di degenerazione del dibattito politico , applicato alle più disparate decisioni legislative, a partire da 3 quelle di bilancio. Pratica che allora come oggi – e le cronache regionali degli ultimi giorni lo dimostrano – agita il confronto politico, istituto che se garantito nella sua attuale ed indiscriminata utilizzazione (che giova ricordare non ha eguali in assemblee legislative regionali) persegue soltanto l’obiettivo di alimentare l’instabilità politica, l’esercizio delle scelte clientelari e la negoziazione continua con ogni singolo parlamentare. 2. In questo senso la Sua figura si collega a quella di un altro straordinario gesuita, Papà Francesco per il quale “Di fronte alla cultura della illegalità, della corruzione e dello scontro, voi siete chiamati a dedicarvi al bene comune, anche mediante quel servizio alle gente che si identifica nella politica. Essa, come affermava il beato Paolo VI, ‘è la forma più alta ed esigente della carità’. Se i cristiani si disimpegnassero dall’impegno diretto nella politica, sarebbe tradire la missione dei fedeli laici, chiamati ad essere sale e luce nel mondo anche attraverso questa modalità di presenza” (Papa Francesco, Discorso alle CVX, 30 aprile 2015). Questo pensiero costituisce la sintesi del loro pensiero religioso, sociale e politologico. Il messaggio di una fede che si misura con le contraddizioni e le provocazioni dei tempi, espresso con quella ‘dolcezza sovversiva’ che, per che ha avuto la fortuna di essergli vicino, egli manifestava nei colloqui personali, ben al di là del tratto severo che ne delineavano giornalisti e politici, spesso alle strette con un uomo che non amava giri di parole. E vorrei ricordarne la figura, oltre la presenza in importanti vicende di vita, rievocando i momenti di sintonia e quelli di confronto serrato che vissi con Lui e per l’insegnamento che ancora porto dentro di me. Lo incontrai per la prima volta tra i banchi di scuola del Gonzaga alla fine degli anni ’70. Svolgeva compiti di assistenza spirituale ed era attento alle speranze dei giovani per una Palermo diversa, innovativa, che voleva voltare le spalle a quella mafia che aveva spadroneggiato anche grazie alle sponde che le istituzioni offrivano ai poteri criminali. Giunse come un fulmine l’omicidio del Presidente Mattarella e divenne per tanti di noi quasi inevitabile affiancare all’impegno nell’associazionismo cattolico quello sociale e politico. Mentre la Chiesa palermitana, guidata dal Card Pappalardo, ma con la spinta di tanti sacerdoti e laici, segnava un profondo cambio di passo nella reazione ai poteri criminali ed alle pratiche spartitorie. Nasceva in quegli anni, artefici i Padri Rizzo e Pintacuda, nel solco dell’intuizione di G.Lazzati, “Università per l’Uomo” movimento nel quale tanti si impegnarono nella vita universitaria e poi, alle elezioni per i Consigli di quartiere a Palermo, “Città per l’Uomo”. Lo ricordo così agli incontri con il ‘Gruppo Politica Giovani‘ che fondammo agli inizi degli anni ’80, con Luca Orlando e Sergio Mattarella, con l’indimenticabile Alessandra Siragusa, Manlio Mele, Steni Di Piazza, Vincenzo Morgante, Angelo Cuva, Antonio Piraino, Giovanni Maniscalco, Giuseppe Cicero, Sergio Russo e tant (E. Pintacuda, Elezioni e Governo regionale in Sicilia, in Aggiornamenti sociali, 11/1967, 561 3) altri colmi di entusiasmo, ribelli ad una società ancora troppo vischiosa ed indifferente ed ad una politica schiacciata dalla partitocrazia e dal clientelismo. Parole come rinnovamento, discontinuità, rottura delle appartenenze, acquisivano un valore nuovo per una Sicilia nella quale la mafia, per consolidare il proprio potere, passava per le armi servitori dello Stato, politici, sindacalisti, imprenditori, sacerdoti come don Puglisi e la voce di condanna di Padre Ennio si levava nitida contro il “comitato di affari trasversale” che favoriva quei misfatti. Subito dopo nasce l’esperienza dell’Istituto ‘Pedro Arrupe‘, che prendeva il nome dal Generale della Compagnia di Gesù che guidò l’ordine dopo il Concilio Vaticano II reinterpretandone la missione come servizio della fede e promozione della giustizia, la cui “sorte fu quella del profeta: essere non solo annunciatore dei tempi nuovi dello Spirito, ma anche “segno di contraddizione”» (cfr SORGE B., Padre Arrupe, testimone profetico dei tempi nuovi, in Agg. Sociali,2001, 285). Frequentai il primo corso di formazione politica promosso da Padre Sorge nel quale Padre Pintacuda, che ne fu l’altro ispiratore, insegnava sociologia e da quella esperienza Egli trasse la consapevolezza di quanto un percorso di consolidamento cultuale e valoriale fosse necessario per irrobustire la (ancora) troppo debole società civile siciliana. L’idea che anche all’interno della democrazia e non contro di essa dovessero trovarsi gli strumenti per nuove sintesi, per costruire una società libera, non poteva che trovare nella formazione dei giovani la sua leva essenziale. L’impegno sociale, quello culturale e poi quello politico crescevano, da discente divenni docente, e Lui c’era sempre a dare consigli, a stimolare nuovi percorsi di ricerca, a suscitare uno spirito comune di riscossa per Palermo e la Sicilia, per affrancarla da quella che egli definiva una “classe dirigente di nani“. Poi arrivarono gli anni del movimento della “Rete“. Un’esperienza che, da cattolico-liberale non potei seguire ritenendola personalistica ed estremistica, una fuga in avanti che avrebbe sfilacciato un grande movimento di cambiamento che doveva puntare, al contrario, a tenere coesi i suoi protagonisti e non a dividerli. Così come purtroppo accadde e come dovette constatare, con grande amarezza, anche Padre Pintacuda che se ne distaccò successivamente senza lesinare critiche e constatare fallimenti che irreversibili erano ed irreversibili restano. Pur di fronte a quella scelta non mancarono mai gli inviti a partecipare da relatore alla straordinaria esperienza della Libera Università della Politica a Filaga che fecero di quel piccolo luogo ameno un centro vibrante di idee e di confronto, e dal quale partiva un messaggio di rinnovamento e di speranza per la nostra Terra. Ne seguì l’apertura dell’impegno di Pintacuda verso i rinnovati valori del meridionalismo, dell’autonomismo e del federalismo sturziano con l’intento di rilanciare la Sicilia delle ‘carte in regola’ di Mattarella e Nicoletti, di ridarle un sussulto di rinnovamento, liberandola dagli ascari. Messaggio che di fronte alla “palude” – termine che Egli spesso evocava – in cui si trovano ancor più oggi il Sud e la Regione siciliana appare sempre attuale. Ci ritrovammo alla metà degli anni ’90, quelli dell’avvento del centro-destra. Pur senza parlarne avevamo maturato l’idea che piuttosto che lo schieramento andasse privilegiato il rapporto con le persone che la Sicilia intendevano modernizzare indipendentemente dalla collocazione partitica. Videro così la luce – con la Sua consueta determinazione – le prime iniziative istituzionali di contrasto all’usura con la Provincia di Palermo, allora presieduta da F. Musotto. 3 Insegnavo già all’Università ed al CERISDI e fu di grande conforto vederlo guidare quella Scuola nell’ultima stagione di motivazione culturale, poi soppressa dall’insipienza della politica nel 2016. Mi piace ricordare un convegno al Castello Utveggio, da Lui aperto nel 2001, sulla finanza di progetto al quale parteciparono studiosi ed imprenditori italiani e che offriva le linee per far partire, proprio dalla Sicilia, un nuovo modello di sviluppo delle infrastrutture. E poi lo sguardo rivolto all’Euro-mediterraneo, alla Sicilia più cerniera che frontiera, con il varo di programmi formativi che alla Sua morte sono stati progressivamente abbandonati per prediligere un formazione di risulta, spesso più utile ai formatori che ai formati. Sino a quella mattina di quasi quindici anni fa nella quale giunse la telefonata di Pierluigi Matta che mi comunicava della Sua scomparsa. 3. Resta il ricordo di un sacerdote libero, di un siciliano coraggioso, di un attento studioso. Nell’omelia per le sue esequie Padre Beneduce, suo confratello ed amico, ne ha ricordato così il legato: “l’eredità che lascia a tutti noi nella misura in cui l’abbiamo avuto confratello, parente, amico, conoscente, collaboratore: è indiscutibilmente, la sua passione per la politica, per la polis…questo impegno del padre Ennio non era, come dire, un suo interesse che ha sviluppato da solo, ma sicuramente ha la sua radice nella Parola, nella tradizione cattolica, e più in particolare nel suo essere gesuita.”. Quel lascito si salda, ed oggi è possibile scorgere questa trama, con l’insegnamento di un grande confratello gesuita, divenuto Papa Francesco.